la geometria.
Tutto sembra immobile, catalogato secondo precisi schemi lineari.
Effimero disegno, il caos vince sempre.
La mia ricerca degli ultimi anni è incentrata sulla fotografia.
Cerco di smaterializzare la mente umana di un essere fragile; trovare al di fuori di
essa alcune immagini che la possano rappresentare, per poi essere ricondotti
nuovamente al suo interno, come in una ciclica e inutile caccia alle streghe.
Mi piace pensare ai miei lavori come ad una stanza dell'incoerenza, dove il caos si
mischia al rigore e alla pulizia, dove il sogno sfiora il concreto, dove ci sono silenzi
surreali, lunghe attese, ingranaggi farraginosi.
La mente cosi simile appunto ad una stanza, satura e sovraccarica di immagini a
ritmo vorticoso.
Spesso la stanza è minuscola, claustrofobica.
Spesso è immensa, infinitamente vasta, senza confini reali.
Mi piace dare risalto a materiali poveri, lasciare che un'immagine possa evocarne
altre.
Il semplice che diventa complicato, l'attore spettatore, il bianco e il nero.
Utilizzo il mio cellulare, esclusivamente perché è l'oggetto del nostro tempo, il
prolungamento del nostro occhio e del nostro cervello.
Scatti che alla fine si congelano, o meglio si pietrificano, per fondersi essi stessi
con le pareti.
Le mie fotografie dunque vengono stampate su pietra ardesia; voglio che abbiano
un "peso", voglio che ci sia la possibilità di portarsi via un pezzo della stanza.